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Il quinto quarto in Toscana: storia e tradizione

In questa Storia

Cos’è il quinto quarto e come usarlo in cucina? Una volta era lo scarto, oggi è considerato una vera prelibatezza, da cui si ricava il Lampredotto.

Per parlare di quinto quarto dobbiamo iniziare da Firenze, e più precisamente dallo storico mercato di San Lorenzo. Fate un giro nel cuore del mercato, al piano terra: ci sono macellai, pollaioli, fruttivendoli, pizzicagnoli, trippai, fornai e pescivendoli. Proprio qui si trova il tempio del quinto quarto, tanto amato dai fiorentini. Qui si possono ancora acquistare guancia, diaframma, polmone, testicoli, code, zampini, musetto, trippa, nervetti, poppa e ventricini. Una rappresentazione visuale, autentica, diretta, per qualcuno anche impressionante, di quello che è il quinto quarto nella cultura gastronomica toscana.

Il quinto quarto: un taglio che non esiste

Il quinto quarto è un ossimoro, indica tutto ciò che non fa parte dei quattro tagli tradizionali dei quadrupedi macellati, praticamente è un taglio che non esiste. In senso lato con quinto quarto si intendono le interiora e le parti meno pregiate degli animali macellati, tutti quegli scarti che giungono sulla tavola, incluse le rigaglie degli animali da cortile. Era questi i tagli destinati ai lavoratori dei mattatoi, a chi non si poteva permettere altro se non gli scarti. La cucina popolare toscana ha un’ampia selezione di ricette che partono proprio dal quinto quarto, lo trasformano, lo nobilitano, lo rendono appetitoso.

Pensate ai fegatelli di maiale avvolti nella rete, alla lingua lessa servita con la salsa verde, alle animelle, al bollito misto con coda e zampa, al cervello fritto, alla poppa grigliata, ai crostini neri fatti con fegatini di pollo e milza. Pensate, soprattutto, alla trippa e al lampredotto.

Il quinto quarto per eccellenza: la trippa

La trippa è la specialità dei fiorentini veri, costa poco ed è eccellente, afferma Aldo Santini nel suo libro più famoso sulla cucina fiorentina. Le bancarelle dei trippai hanno dato calore e sapore per secoli ai quartieri popolari di Firenze. Trovare la ricetta della trippa alla fiorentina, però, è un’ardua impresa perché ogni famiglia, ogni trattoria, ogni trippaio ne custodisce gelosamente gli ingredienti e le proporzioni. Chiedete a un fiorentino a caso, e sarà pronto a giurare sulla sua famiglia che la sua versione è la più autentica. Se poi si fa tanto di uscire da Firenze le variazioni aumentano, arrivando all’aggiunta del sugo di carne a Siena.

Il quinto quarto come street food: il lampredotto a Firenze

 

Ricette con quinto quarto: Il Lampredotto è il re dello street food fiorentino e toscano
Il Lampredotto è il re dello street food fiorentino e toscano

 

La prima volta che ho assaggiato il lampredotto è stato a Firenze. È difficile, infatti, trovarlo sui banchi del mercato, per non parlare sulle tavole di casa, al di fuori delle mura di questa meravigliosa città.  Eppure a Firenze è considerato uno dei cibi più rappresentativi, allo stesso livello della bistecca e della pappa al pomodoroSe volete passare un giorno da veri fiorentini non potete esimervi dal fare la fila di fronte a uno degli innumerevoli banchi di trippai e confondervi lì tra la popolazione locale, gli altri turisti, i lavoratori e gli studenti.

È un’istituzione e un rito che deve essere eseguito rispettandone tutti i passaggi. Il panino viene bagnato nel brodo di cottura del lampredotto, poi potete scegliere se portarvi via il vostro panino così com’è, con sale e tanto pepe, con la salsa verde o con la salsa piccante. Oltre al panino, i fiorentini si sono inventati mille modi per consumare il lampredotto, dal risotto alle polpette, fino alla cottura in inzimino, con gli spinaci come con le seppie.

Il quinto quarto nella norcineria

Un antico detto recita che del maiale non si butta via nulla. Anche in questo caso viene fuori l’amore e il rispetto dei toscani per le parti meno nobili dell’animale. Gli scarti della lavorazione del maiale si trasformano spesso in salumi tipici e di antichissime origini.

La soppressata, salume che forse preferisco a salame e prosciutto, annovera tra i suoi ingredienti la testa, la lingua e la cotenna del maiale, conditi con spezie che variano a seconda della zona, sale, pepe, aglio e scorze di limone e di arancia.

 

Il buristo: Il quinto quarto nella norcineria
Il buristo è un particolare salume appartenente alla famiglia dei sanguinacci.

 

Il buristo, un salume tipico dell’area del senese, è un insaccato con un sapore forte e particolare, molto più buono di quanto possa far presagire il suo aspetto. Si ottiene dalla lavorazione di alcune parti della testa del maiale messe a bollire con limoni, bucce d’arancia, salvia, aglio, sale e pepe, e infine compattate con il sangue e il grasso. Ovviamente basta spostarsi di pochi chilometri perché varino le spezie e si aggiungano altri elementi, come pinoli e uvetta. Il buristo viene poi insaccato nello stomaco del maiale, quella che in gergo viene detta nonna, o in parti di budello più piccole, chiamate invece zia.

Il mallegato è invece un salume tipico di Volterra e San Miniato. Nella versione classica, quella di San Miniato, il sangue crudo è insaccato e condito con lardelli, sale, noce moscata, cannella, pinoli e uva passa. A Volterra, rispetto a questa versione, si aggiunge il pane raffermo, precedentemente immerso in acqua e sbriciolato con le mani, fino a ridurlo a una pappa: l’amore e il culto dei toscani per il pane raffermo si ripresentano sotto ancora un’altra veste.

Altro salume che testimonia l’uso del quinto quarto anche nella norcineria è il biroldo della Garfagnana, fatto con testa, interiora, sangue e guancia di maiale. Le parti del maiale sono cotte per sei ore, poi sono scarnificate e speziate, unite al sangue e cotte altre tre ore nelle vesciche.

Tutte queste deliziose pietanze, dal carattere sostanzioso e dal sapore deciso, si sposano perfettamente con il Dievole Chianti Classico DOCG 2016; un vino corposo, con un finale piacevole e persistente.

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